Complici e solidali, o anche la nostra solidarietà (random_3)

E se non ci piace questo cos’altro!? Hierba Mala come noi. Non ci faremo strappare facilmente.

Hierba mala occupa a via Fortebraccio 54

La vostra legalità fa mafia da tutte le parti.

A Roma un capitale esiste. Sono le persone che oggi scendono in piazza per il diritto alla città. Le stesse a cui non serve un magistrato o un giornalista per sapere chi ha in mano il malloppo. Privatizzazioni, svendita, speculazione, precarietà…è il sistema di questo governo, è il governo di questo sistema. Se la mafia è un’ organizzazione che fa i suoi profitti a spese della società e non a favore di un interesse comune, allora è come la finanza, i palazzinari e la politica che li sostiene. Poteri che si mettono d’accordo per il controllo del nostro territorio. Non c’è nessuno scandalo dell’ultima ora, è uno spettacolo già visto che va avanti da troppo, sempre uguale. Non serve un’ inchiesta giudiziaria per travolgere questa città, ma un grande corteo ,come quello di oggi, che si riprenderà le strade contro impoverimento e razzismo, sfratti e sgomberi. Hierba Mala ha deciso di contribuire alla giornata occupando un pezzetto di Roma, uno dei tanti lasciati vuoti ed abbandonati, perché ci servono spazi per dare casa alle nostre idee. Abbiamo bisogno dei nostri diritti e non della vostra legalità.

1312. senza chiedere il permesso
Hierba Mala. Ne pubblico, ne privato, comune.

Aggiornamento #13d

Cambio di programma: niente pullman. Ogni malerba andrà in autonomia, alcune unendosi al pullman del CSOA Pangea, che parte da Porto Torres

Avviso ai naviganti:

L’appuntamento per domani è alle 6:00 al Pangea per un caffè. La partenza verso Cagliari è prevista per le 6:30.

Se qualcun altro volesse aggiungersi all’ultimo momento abbiamo ancora qualche posto disponibile.

PS: puntatevi la sveglia!

A domani.

https://www.facebook.com/ex.bocciodromo/posts/413195412171959

13 dicembre: tutte a Cagliari!

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Il 13 dicembre saremo a Cagliari, dopo Capo Frasca, per ribadire che la vita di questa terra e le nostre vite rifiutano di dipendere da chi produce morte. Con lo spazio pubblico autogestito di Respublica abbiamo contribuito a spiegarne le ragioni.

Siamo venuti fin qui perché rifiutiamo l’imposizione delle servitù militari come barriera fisica e culturale. Fisica è l’occupazione di porzioni estese di territorio che ci vengono espropriate, negate e compromesse dal punto di vista ambientale. Culturale è l’assoggettamento a sistemi economici di dipendenza, che ci imprigionano nella ripetizione di relazioni servili con il potente di turno. Le servitù militari sono servitù culturali perché assoggettano le popolazioni a sistemi economici vincolanti, rendendoci servi sia di decisioni che non abbiamo preso, sia della mancanza di fiducia in noi stessi come singoli cittadini e come abitanti attivi del nostro territorio, una mancanza di fiducia che da troppo tempo ci fa credere di essere incapaci di prenderci cura di noi e ci fa delegare il nostro presente e il nostro futuro.

Noi, al contrario, vogliamo accettare il testimone della perpetuazione di uno stile di vita che ha alla base la salute, la sicurezza e la sovranità alimentare, il potere espresso dalle comunità e dai popoli di decidere per sé cosa produrre, cosa mangiare, come lavorare, come prendersi cura del territorio in cui vivono, come vivere e cambiare le aree urbane e rurali attraverso pratiche sociali, artistiche e culturali libere e indipendenti.

Allenando e accrescendo, ogni giorno, la nostra forza d’animo e prendendoci cura del territorio in cui viviamo, attraverso l’autorganizzazione, la responsabilità, l’abbandono di ogni delega, decidiamo consapevolmente di partire da noi, da quello che abbiamo e non da quello che abbiamo perso, che ci hanno tolto o che ci vorrebbero togliere; la realtà non ci fa paura, perché, seme dopo seme, passo dopo passo, vogliamo iniziare ad affrontarla e a sperimentare.

Da un lato sempre più persone decidono di dedicare tempo, energia e passione alla scoperta delle periferie, delle aree rurali, delle pratiche legate alla plurimillenaria cultura contadina e pastorale. Con uno sguardo sempre più attento cogliamo l’armonia e la complessità degli eco-sistemi e ci accorgiamo che è bene imitarne e apprenderne la resilienza, la capacità di adattamento, l’insegnamento di relazione e cooperazione che oggi applichiamo unendoci. Scegliendo di tessere nuova trama, sull’ordito della storia dell’isola.

Dall’altro cerchiamo di introdurre anche nella città pianificata controspazi, in cui essere abitanti di un centro urbano assume caratteristiche ricche e complesse che si esplicitano in forme di resistenza allo sviluppo neoliberista, attraverso pratiche relazionali autonome, che cercano di recuperare un’ idea di socialità e di presenza r-esistente che rifiuta la logica della “fruizione passiva” della realtà e della città in favore di un’azione che ci renda agenti attivi all’interno degli spazi che ogni giorno attraversiamo e viviamo, per contribuire a renderli non solo oggettivi ma anche soggettivi.

E così è la separazione tra città e campagna a venire meno mentre da un capo all’altro dell’isola, giovani energie passionarie si incontrano per onorare la diversità e l’abbondanza della vita sulla terra sarda.

Abbiamo iniziato a pensare ad alcune colture sarde, capaci di riportare la sovranità alimentare e ridare ai semi e alla terra la dignità di beni comuni scardinando i brevetti delle multinazionali: la lana (tessitura, uso edile), l’agricoltura sostenibile (i semi autoctoni, la frutta, la fauna, in generale la biodiversità e le filiere agroalimentari locali), l’artigianato (da introdurre nella vita quotidiana), i beni culturali (archeologia, turismo sostenibile, musica popolare, lingua sarda, poesia, etc…), la pastorizia (il formaggio e le sue decine di ricette), le erbe (uso culinario, erboristico, tessile, per la cestineria, etc…), l’edilizia tradizionale (terra cruda, bioedilizia, etc…), il patrimonio boschivo (protezione e ripiantumazione), le spiagge, il mare e le coste (pesca, gioielleria, etc…), la cucina popolare (fiducia nel ricettario storico, con radici locali ma animo curioso), l’olivo, la vite e il vino…

Sono semi ereditati, semi preziosi, antichi, forti, adattatisi nei secoli ai territori che li vedono invecchiare e rinascere. Pensiamo che ciò che appartiene alle nostre tradizioni sia un divenire, una risorsa da portare nel nostro contemporaneo, che il presente sia solo uno dei futuri possibili del passato, che esistano filiere sostenibili che si adattano ai nostri tempi e ci mostrano un tipo di sviluppo possibile, il quale va aldilà delle classica scelta tra una forma e l’altra di servitù che dall’alto continuano a proporci.

Forse pochi di noi hanno la fortuna di aver ricevuto uno di questi semi, da piantare, far germogliare e crescere fino a dar frutto, riprodursi e propagarsi… ma su questa ricchezza, sui nostri “semi” si basa il tessuto comunitario.

  1. su chi ancora non ha, ed è disposto a ricevere, aiutare, condividere.

  2. su chi ha, ed è disposto a dare, aiutare, compartecipare.

Compartecipare l’abbondanza del vicino, azione normale nei rapporti consuetudinari di vicinato attivo.

Dunque esortiamo ogni giovane uomo, ogni giovane donna a essere e diventare un individuo integro e responsabile, meritorio/a di fiducia; una umanità che si assuma la responsabilità totale della custodia della propria terra.

Perché ci si possa incontrare, in cerchio, come liberi individui, accogliendo comitati, famiglie, appassionati/e, gruppi di famiglie di città, che vogliono scegliere, cambiare, studiosi che vogliono aggiungere dedizione, ma anche mani per lavorare.

Esortiamo ogni uomo, ogni donna a occupare gli spazi fisici e mentali penetrando nei territori e nelle città, attraverso una diffusione di pratiche contemporanee che spingano gli abitanti ad affacciarsi su approcci innovativi di conoscenza in continua connessione con altre realtà.

I metabolismi urbani, intesi come flusso di energie e materiali attraverso un ecosistema urbano, sono attualmente lineari: gli input sono trasformati in energia utile o in strutture o mercificati, quindi si trasformano in rifiuti e vengono espulsi dal sistema urbano. Promuoviamo invece un abbandono del modello lineare puro per proporre modelli circolari che costruiscano una continuità tra risorsa e rifiuto. Modelli circolari che interesseranno ambiti alimentari, agricoli, energetici, culturali, sociali, artistici e musicali, attraverso una contaminazione di saperi che da individuali e marginali vogliono diventare collettivi e centrali.

Proponiamo possibilità altre di produzione di alimenti, di energie, di software, di arte in tutte le sue forme: visive, plastiche, performative, cinematografiche, nel rispetto delle possibilità e delle attitudini di ognuno.

Sappiamo di essere lontanissime dai semi biotech, dal transgenico, dalle monocolture industriali, dai veleni, scegliamo ogni istante di esserlo. Non crediamo di vivere in un territorio appiattito al terziario, fondato su forme di sfruttamento esplicite o nascoste, reso sterile, svilito dall’emigrazione dei suoi abitanti, perché si potesse spremere e utilizzare come serbatoio di bombe e sperimentazioni belliche. Siamo qui, siamo tornati.

Abbiamo la fortuna di tenere in mano i nostri semi, millenari, che con le loro forme mai uguali, ci suggeriscono, silenziosamente e pazientemente l’insegnamento di una legge, che è l’immortalità di questi saperi, di queste forme di r-esistenza.

Affermare il potere di scelta sovrano delle comunità, il potere di scegliere di produrre quello che veramente alla comunità serve. E di farlo con lentezza, a piccoli passi, sperimentando e godendo il cammino e…se una lotta c’è, sia quella di considerare ancora questa forma di vivere come “normale”.

Molti tentano di porre, in questo passo della storia, un velo nero di paura. Ma noi veniamo da una storia di paura e di terrore. Sappiamo che chi ci vuol mettere paura, non ha l’intento di difendere la nostra ricchezza, ma quello, di trasfigurarne la verità, privatizzarla, brevettarla, mercificare i beni comuni. È la loro guerra a fondarsi sulla paura, arma al servizio di chi ha il potere, nutrita dalla costruzione di nemici sempre nuovi. A noi non serve nessuna guerra, non abbiamo nemici da immolare come capri espiatori, alla loro guerra contrapponiamo le nostre lotte, che sono lotte che rivendicano il diritto a vivere con dignità, a riprendere quello che ci viene tolto quotidianamente.

È con il coraggio e con la riconoscenza per i regali abbondanti che la natura ci fa ogni giorno, che trasformiamo la paura in coraggio, che diventa scelta, che diventa responsabilità, responso habilis, risposta abile e saggia a ogni tentativo di sopraffazione e sopruso. Siamo definitivamente tornati.

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Complici e solidali, o anche la nostra solidarietà (random_2)

C’era una volta un palazzo abbandonato, uno di quelli mai finiti, di quelli che dovevano essere “un grande” chissà cosa e che poi finiscono per essere solo un vecchio palazzo abbandonato, pozzo senza fondo di milioni di euro finiti chissà dove, rimasto lì a ricordare le priorità di speculazione e le voglie di gigantismo che non portano mai a niente (questa storia vi ricorda qualcosa? A noi anche troppe ). E poi succede che 76 famiglie che non hanno una casa quel palazzo se lo prendono, perchè la casa è un diritto. E dai diritti non si prescinde. Tutto questo è successo ieri a Bologna. Dalla Res Publica massimo supporto al Social Log e agli occupanti dello stabile di via Fioravanti 27.
http://www.zic.it/occupazione-di-via-fioravanti-uno-stabile-sottratto-alla-speculazione-fotocomunicato/

Complici e solidali, o anche la nostra solidarietà (random_1)

Siamo con il teatro Valle, e con tutte le realtà che producono una cultura slegata dai meccanismi del mero profitto. Noi restiamo uniti e aperti alla città perchè crediamo, come il Valle, nelle contaminazioni, nell’incontro, nella cooperazione, nella sperimentazione. Le città e la cultura sono di chi le vive e di chi le ama.
“Il vuoto culturale diventa intolleranza, razzismo. Le vite di diverse generazioni – i ventenni, i trentenni, i quarantenni –, le nostre vite, si fanno sempre più difficili e precarie e nonostante le proteste il Jobs Act continua ad andare avanti. Scelte che paghiamo sulla nostra pelle. Il modello che viene riproposto continuamente nel mondo culturale è quello dell’evento: gran dispendio di finanziamenti per enormi baracconi effimeri, che non generano né lavoro né sistema. ”

Lavori in corso: chi siamo

Lavori in corso per il blog. Per il momento, ci presentiamo:

L’Associazione di promozione sociale MALERBE – CASA DI AUTOPRODUZIONE nasce e vive con l’obiettivo di contribuire a costruire le condizioni per le quali ad Alghero possa essere promossa, sostenuta e consolidata una rete di attività – di carattere sociale, civile e culturale, che ponga al centro il tema dell’auto-produzione.

Intendiamo per auto-produzione il saper fare: non un ritorno alle pratiche del passato e ai saperi dimenticati, sebbene se ne riconosca l’importanza, ma una diffusione di pratiche contemporanee che spingano la città ad affacciarsi su approcci innovativi di conoscenza in continua connessione con altre realtà urbane.

I metabolismi urbani, intesi come flusso di energie e materiali attraverso un ecosistema urbano, sono attualmente lineari: gli input sono trasformati in energia utile o in strutture o mercificati, quindi si trasformano in rifiuti e vengono espulsi dal sistema urbano. L’associazione vuole promuovere un abbandono del modello lineare puro e proporre modelli circolari che costruiscano una continuità tra risorsa e rifiuto. Modelli circolari che interesseranno ambiti alimentari, agricoli, energetici, ma anche culturali, sociali, artistici e musicali, attraverso una contaminazione di saperi che da individuali e marginali vogliono diventare collettivi e centrali.

L’associazione vuole essere dunque una casa di auto-produzione di alimenti, di energie, di software, ma anche di arte in tutte le sue forme: visive, plastiche, performative, cinematografiche, etc.

L’Associazione MALERBE inizia le sue attività dalla comunità locale algherese per arrivare a sistemi più complessi e allargati costituiti dalle connessioni con luoghi altri, in Europa e nel mondo. Non vuole essere un’Associazione locale, ma lavora nello spirito della glocalizzazione, in cui il significato della parola locale si espande, connettendo altri sistemi locali senza privarli della loro importanza.

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Il nostro vecchio blog: http://malerbe.wordpress.com/